Assad è della schiatta dei Videla
In questi giorni di gioia per la caduta di Assad – e con lui di una delle dittature più brutali e longeve del Medio Oriente – e mentre ancora si scava per provare a liberare gli internati della prigione di Sednaya a Damasco, mi sono ritrovato a fare dei ragionamenti di riepilogo, come a mettere un punto su ciò che è successo e a dare una fisionomia all’orrore che volge al termine, quasi a volerlo riporre negli scaffali della storia – pur sapendo che ciò non è possibile: Assad è vivo, sano e salvo a Mosca, e i siriani devono ancora affrontare gli attacchi contro l’Amministrazione autonoma della Siria del Nord-Est (Aanes) da parte dei mercenari turchi dell’Esercito nazionale siriano (Sna) e gli sforamenti di Israele.
Insomma questo ragionamento è partito come un toot, ma poi mi sono allungato ed è diventato un post. È un ragionamento e un riassunto, non un saggio. Buona lettura – si fa per dire.
Assad appartiene alla schiatta dei Videla, di quei dittatori cioè che hanno tentato il genocidio «politico» dei propri concittadini, di quella parte di popolazione che si opponeva più o meno apertamente al loro potere o che professava idee politiche percepite come rivoluzionarie, pericolose per l’ordine; che a volte lo faceva con le armi, certamente, ma prima ancora semplicemente con lo scendere in piazza a manifestare, con la parola e con l’associazione. Anche le misure repressive sono state in parte le stesse: le sparizioni forzate, le torture, gli stupri, le esecuzioni extragiudiziali, l’internamento in prigioni clandestine – o clandestine solo in parte, come Sednaya. Sednaya è la Esma di inizio secolo, da questo punto di vista (a onor del vero fu aperta da Hafid Assad negli anni Ottanta, ma è con la guerra civile siriana che ha ricevuto un «potenziamento»). Forse anche un po’ peggio di quella, se possibile: alcune cose già si sanno, ma probabilmente avremo un quadro più chiaro nelle prossime settimane.
La stessa stirpe di Videla, dicevo, ma troveremo Assad un gradino più in alto in un’ipotetica scala storica della violenza e dell’orrore, perché il «dottore» ha finito per scatenare contro la popolazione siriana una guerra vera e propria, con le bombe sui civili, gli attacchi col gas, l’assedio per fame, arrivando a provocare la morte, direttamente o indirettamente, di 400–500.000 persone negli otto anni della guerra civile (tra le 13.000 e le 17.000 sarebbero «scomparse» nella sola prigione di Sednaya).
Ho messo «politico» tra virgolette perché il genocidio politico non è contemplato come fattispecie dalla Convenzione sul genocidio del 1948, e dunque Assad, se sarà processato, non potrà essere accusato formalmente di questo crimine (come non hanno potuto essere condannati per genocidio i membri della giunta militare argentina). La necessità di escludere il genocidio politico dalle fattispecie previste dalla convenzione fu sostenuta con insistenza da alcuni stati, tra cui in particolare l’Unione Sovietica, che all’epoca della redazione del trattato, guarda caso, era governata da Stalin. La stessa Unione Sovietica (con Brežnev questa volta) non condannò mai le sparizioni forzate in Argentina e anzi protesse la giunta dalle critiche che le piovevano addosso da più parti, arrivando a chiedere espressamente alle Nazioni Unite di non portare la denuncia delle violazioni alla Commissione dei diritti umani. La Russia di Putin ha fatto di più e di peggio, come è noto, contribuendo attivamente alla carneficina dei siriani. E un cerchio si chiude – speriamo presto e per sempre.
(NB: «schiatta» è sinonimo di «stirpe», ma è anche un augurio al dottore).